DrySuit Kayak Extreme 4L Sandiline
L’estate sta finendo, paparapapa pa e un anno se ne va….
Simpatica canzone che ruota attorno al passaggio dalla stagione estiva a quella autunnale.
Le lunghe e calde giornate, che permettevano di pagaiare con indumenti leggeri, sono ormai un ricordo e l’arrivo del freddo consiglia un cambio di abbigliamento per poter continuare a percorrere percorsi liquidi grazie all’atteso e sempre auspicato contributo di Giove Pluvio.
Anche se è un argomento da me trattato in diversi articoli, giova ricordare che vestirsi adeguatamente è di rilevanza fondamentale per chi vuole discendere corsi d’acqua nella stagione fredda in tranquillità e divertendosi; l’osservanza di questa regola fa parte dell’ambito inerente alla “sicurezza soggettiva”.
Inquadriamo il problema relativo alla protezione dal freddo in acqua (per giunta corrente).
Il confronto tra il coefficiente di scambio termico, indice della capacità di condurre calore, dell’aria (aria: h = 10÷100 W/(m²K)), con quello dell’acqua (acqua: h = 500÷10.000 W/(m²K)) (https://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_scambio_termico), evidenzia che l’acqua estrae calore da 50 a 100 volte di più rispetto all’aria; il tutto senza tener conto dell’apporto ulteriore dovuto alla corrente del fiume. Da ciò risulta quanto repentina e cospicua sia la perdita di calore di un corpo a contatto con l’acqua, a maggior ragione se corrente. Giusto per valutare l’entità del parametro velocità, secondo quanto riportato in uno studio condotto da una nota marca di abbigliamento motociclistico, a proposito di guanti, alla velocità di 100 km/h ed aria a 0°C, la temperatura percepita è di – 30°C!.
In ambiente fluviale, le probabilità di arrivare all’ipotermia (intesa come una riduzione della temperatura corporea al di sotto dei 35°C) aumentano in maniera considerevole, complice magari la bassa temperatura dell’aria circostante. Allora che fare? Smettere di andare in canoa aspettando il caldo? Anche no! Seguendo il motto di Robert Baden-Powell, fondatore del movimento Scout “non esiste cattivo tempo, esiste cattiva attrezzatura“, si può ricorrere alla tecnologia, che ha messo a disposizione strumenti grazie ai quali superare le insidie atmosferiche.
Memore dei tempi eroici, quando il top dell’abbigliamento termico era costituito dal k-way e tuta da ginnastica ed i rovesciamenti, con le successive nuotate, diventavano esperienze estreme, ho cercato di spostare la filosofia canoistica dalla ricerca della sopravvivenza al divertimento. Indubbiamente la Drysiut Kayak Extreme 4L Sandiline rappresenta l’apice di questo cambiamento.
Le credenziali sono di tutto rispetto:
– Materiale impermeabile e traspirante a 4 strati
– Colonna d’acqua 20.000 mm ( EN20811)
– Evaporazione: 9.000 g/mq/24h
– Cuciture Termosaldate
– Cerniere stagne TiZip Masterseal
– Doppio collo e polsi in lattice e neoprene Ultraspan
– Rinforzi in Cordura® sulle ginocchia, gomiti e sulla seduta
– Tasca semi-stagna sulla parte inferiore dei pantaloni
Leggendo i vari punti delle note tecniche a corredo per interpretarle, il materiale impermeabile e traspirante a 4 strati rappresenta ed evidenzia la sfida, tutta tecnologica, tra far uscire l’acqua (vapore acqueo della traspirazione) e non permetterle di entrarvi. La quantità di strati di cui è composto il tessuto, ben 4, sono indice di pregio e migliorano l’isolamento termico. Ma quanto è impermeabile e quanto traspirante? Le due successive specifiche, molto importanti ai fini di una corretta lettura circa la qualità, le esplicitano e sono utili per poter effettuare un valido confronto con altri prodotti simili (per chi fosse interessato ad approfondire la lettura dei dati può consultare l’articolo Sandiline ExtremeDry 4L “Combo” visionabile all’indirizzo http://maurotagliabue.altervista.org/giacca-acqua-sandiline/).
Vorrei ribadire che nonostante l’evoluzione tecnologica dei tessuti compositi con l’interposizione di membrane tra gli strati, il produttore deve arrivare ad un compromesso tra la traspirazione e l’impermeabilità. Nel caso degli sport d’acqua l’impermeabilità deve essere la maggiore possibile ed i 20.000 mm. di colonna d’acqua della Sandiline ne sono una garanzia, pur mantenendo una buona capacità di smaltire il vapore acqueo prodotto dal corpo umano durante l’attività canoistica. Per capire l’ordine di grandezza del problema, la produzione di sudore è di 50 ml. all’ora, a riposo, che diventano 1 lt. quando l’attività si fa pesante. Provate a versarvi addosso 1 lt. d’acqua e capirete di quanto si inzuppano i vestiti. Indossate la classica cerata assolutamente impermeabile e cominciate a muovervi; raggiungerete dopo pochissimo tempo una situazione di estremo disagio, con la sgradevole sensazione di freddo-umido. Quando al posto dell’acqua vi è sudore, il fastidio viene amplificato poiché siamo in presenza di un composto chimico costituito da sostanze di scarto dalle quali l’organismo cerca di liberarsi perché tossiche. Nel mercato è facile reperire attrezzature impermeabili, magari anche costose, che evitano di bagnarsi a contatto con l’acqua, ma non garantiscono di restare asciutti, perché poco traspiranti. Ebbene il tessuto della Drysuit Kayak Extreme 4L è in grado di espellere fino a 9 lt. per mt. quadro nelle 24 h., che corrispondono a 375 ml. ora a mt. quadro. Indubbiamente si tratta di un risultato a dir poco notevole e difficile da riscontrare in altri articoli similari e che nell’utilizzo, allontana e di molto, la soglia oltre la quale si avverte disagio. A proposito di confort, va ricordato che a differenza del neoprene, il tessuto laminato ha un minor potere di isolamento per conduzione e quindi la Drysuit deve essere indossata con un intimo di qualità, ovviamente anch’esso traspirante e soprattutto aderente (il motivo di tale affermazione lo potete leggere nel sopracitato articolo Sandiline ExtremeDry 4L “Combo”.
Di ottima fattura lo strato interno del materiale che per colore e conformazione fornisce l’idea di riflettere il calore verso l’interno, così come sono evidenti le robuste cuciture rese impermeabili da una termonastratura curata e pensata per resistere.
Il collo ed i polsini sono doppi; in lattice internamente, con possibilità di regolazione della circonferenza; morbido neoprene ” Ultraspan” all’esterno, a garanzia della massima impermeabilità, un adeguato confort, ulteriore isolamento termico in zone notoriamente sensibili e protezione del lattice sottostante per una maggiore durata nel tempo.
Nella foto in alto a sinistra si può notare il foro triangolare evidenziato da una circonferenza tratteggiata di colore blu per lo scarico dell’acqua che si dovesse insinuare tra i due colli, presente anche sulle maniche. La foto in basso a destra mette in rilievo il polsino in lattice e l’attaccatura alla manica.
I calzari, anch’essi in tessuto 4layer, sono uniti al resto della Drysuit e parzialmente protetti dal materiale della gamba in una sorta di “doppio tubo”. Nell’istantanea in basso a destra, si nota una tasca con cerniera non impermeabile, appena sotto il ginocchio, della quale, in tutta onestà, me ne sfugge l’utilità.
Per entrar nella Drysuit bisogna aprire i 72 cm. della robusta cerniera (stagna!) posteriore situata all’altezza delle spalle. L’operazione è agevole, ma richiede la presenza di un assistente che si prenda cura di chiuderla completamente, così come poi di aprirla.
Per liberarsi dei liquidi in eccesso, i maschietti troveranno estremamente utile l’altra cerniera, anch’essa stagna, sistemata anteriormente all’altezza, manco a dirlo, del “cavallo”. La collocazione e l’apertura di 23 cm. sono sufficienti ad agevolare le operazioni di svuotamento vescicale. Non è una banalità, poiché le discese di corsi d’acqua possono durare più di qualche ora e soddisfare i bisogni fisiologici rappresenta una priorità.
I rinforzi in Cordura®, presenti sulle ginocchia, gomiti e fondo schiena, sono sufficientemente ampi e garantiscono un’adeguata protezione al tessuto sottostante.
In vita, un fascione elastico largo 10 cm. provvisto di comoda e tenace chiusura a velcro, permette di stringere la parte inferiore del “doppio tubo” all’interno del quale alloggiare quello del paraspruzzi, alla stessa stregua di una giacca stagna L’abbondante altezza interna di 24 cm. e la parte inferiore nella quale è presente un ulteriore piccolo elastico, annullano quasi del tutto eventuali trafilaggi e contribuiscono a mantenere l’interno del kayak asciutto anche precorrendo rapide tumultuose. Lo stesso fascione elastico aiuta a migliorare la vestibilità. .
Indossata semplicemente, grazie all’ampia cerniera posteriore, con l’aiuto di uno “sparring partner” per chiuderla, almeno nel mio caso e scaricata dall’aria interna l’ho utilizzata una giornata intera in un corso di soccorso tra nuotate, corse e pause per le discussioni, con un clima tipicamente autunnale dai contrasti termici importanti. Il confort offerto è risultato eccellente; il poco sudore rimasto, legato alla intensa e prolungata attività, non ha creato i temuti fastidi. La vestibilità, a livello esemplare, ritengo sia uno dei punti di forza della Sandiline Drysuit Extreme Kayak 4L, con un pregevole taglio che evita l’effetto “sacco della spazzatura” e complici il fascione in vita con la posizione della cerniera di ingresso, rendono inutilmente ingombranti eventuali bretelle interne. La cerniera anteriore, posta in zona strategica, migliora la fruibilità della Drysuit. Per la cronaca esiste anche il modello “donna” presentata in anteprima alla rassegna fieristica PADDLEexpo 2016 (tenutasi Norimberga in settembre) e di prossima commercializzazione, nella quale l’apertura è collocata posteriormente, in zona anatomicamente compatibile. La posizione in kayak non viene ostacolata e lascia grande libertà di movimenti. La protezione dal freddo, offerta dal tessuto a quattro strati è a livelli notevoli ed in accoppiata con un abbigliamento termico di qualità permette di affrontare situazioni climatiche estreme impensabili con il neoprene. Il colore. Fatta salva la soggettività dei gusti personali e trattandosi di abbigliamento legato alla sicurezza, la scelta del colore rosso rappresenta una soluzione che garantisce il maggior contrasto con l’ambiente nel quale si opera. La mancanza di inserti fluorescenti, indubbiamente utili, è trascurabile e legata più che altro all’estetica, a meno che non si debba pagaiare di notte! Tali inserti sono invece presenti nei modelli “Rescue” e “Vela”, giustificati dai diversi ambiti di utilizzo. Adesso sì che una bella discesa anche invernale in acque bianche o una sessione di “rotolamenti” nel “buco” forniscono il piacere tanto auspicato da un’attività ludica quale ritengo essere lo sport della canoa.
Alcuni consigli:
- Attenzione a quando si taglia il collo in lattice per evitarne la immediata rottura. E’ un’operazione facile, ma non si devono attraversare gli anelli concentrici, tipo nervature, che fungono da rinforzo. E’ buona norma trovare la propria dimensione per passaggi successivi. Essendo conico, se viene tagliato troppo non aderisce più e fa trafilare l’acqua.
- Prima dell’utilizzo, deve essere scaricata dall’aria residua dopo aver chiuso le cerniere. Esistono diversi modi. A secco, rannicchiandosi e chiudendosi come a volersi strizzare, aprendo il collo per farla uscire ; immergendosi in acqua sfruttandone la pressione ed anche in questo caso, favorendo la fuoriuscita dell’aria tramite l’apertura del collo. E’ un’operazione importante da eseguire sistematicamente. In caso di nuoto, l’aria residua potrebbe gonfiare la zona delle gambe creando problemi al bilanciamento del galleggiamento.
- Oltre alla normale manutenzione del tessuto, lubrificate le cerniere con l’apposito grasso fornito a corredo. Una cerniera ben lubrificata dura di più e si chiude completamente con maggior facilità.
- Qualcuno usa del talco o silicone sulle parti in lattice per agevolare la vestizione. Qualunque sia il materiale scelto, è buona norma controllare non contenga solventi o sostanze chimicamente aggressive in grado di provocarne una veloce e prematura degeneazione.
- Volendo prolungare la vita del calzare integrato, sarebbe consigliabile indossare sopra lo stesso, dei calzini in neoprene da 1,5/2 mm. di spessore. Serviranno ad evitare l’inevitabile e dannosa usura provocata dallo sfregamento con la calzatura durante la camminata, soprattutto quando all’interno della scarpa si accumulano sabbia e piccoli sassi.
- La taglia M pesa 1730 gr. parte dei quali gravano nel peso complessivo da far fluttuare, per cui Il salvagente/ausilio al galleggiamento va indossato sempre per contrastare la minor spinta idrostatica rispetto all’abbigliamento in neoprene, e dovrebbe garantire più dei classici 50 N. di galleggiamento.
Per concludere: siamo di fronte ad un prodotto d’elite, dal costo importante, ma che fornisce prestazioni al top della categoria, ben progettato e realizzato senza compromessi per una lunga durata. Altra nota positiva: la garanzia a vita e le eventuali riparazioni gestite direttamente dal produttore a costi ridotti, nell’ottica di fornire un efficiente servizio post vendita.
Per la fornitura dell’attrezzatura in test, si ringrazia:
Mauro.