Appunti di soccorso: uomo imbracato
La manovra del “uomo imbracato” evoca nella nostra mente scenari degni dei migliori film d’azione.
E’ una tipologia di salvamento piuttosto evoluta ed articolata che coinvolge almeno due soccorritori.
Come funziona:
Uno dei due tiene una corda al cui capo è vincolato l’altro attraverso l’imbraco. Quest’ultimo si butta in acqua per recuperare un pericolante non necessariamente collaborativo.
Che caratteristiche ha:
- Espone almeno uno dei soccorritori ad un rischio elevato, poichè dovrà intervenire in acqua.
- Permette di prestare aiuto a pericolanti non coscienti e non collaborativi.
- Può costituire “l’ultima spiaggia” per soccorrere chi è finito in una situazione di grave pericolo (rullo, nicchia, sifone, etc.).
- Viene utilizzato per il recupero di materiale disperso in mezzo al fiume.
Nella squadra, precostituita od estemporanea che sia, le mansioni devono rimanere ben definite, così come delineata la scala delle gerarchie. L’arma vincente è la sinergia, intesa come l’unione degli sforzi tra i vari appartenenti ad una unità per conseguire un fine comune.
Proprio la capacità di operare in gruppo e convergere verso un obbiettivo condiviso è, molto spesso, il “tallone d’Achille” di squadre sulla carta dotate di grandi potenzialità, ma che la conflittualità innescata nel voler ribadire un ruolo di comando, al riscontro pratico, azzera.
I ruoli.
Chi tiene la corda viene definito ancora, ma ha una funzione ancor più complessa: quella di gestire in toto l’operazione di salvamento e quindi assume una posizione decisionale, divenendo il leader.
Il nuotatore ha il compito di recuperare il pericolante od il materiale, raggiungendoli a nuoto.
Il leader può avvalersi dell’aiuto di ulteriori persone, per garantire una migliore tenuta della corda, senza peraltro condividere il compito.
Come si costruisce nel dettaglio.
Il primo capo della corda da lancio viene assicurato all’imbraco del salvagente/ausilio al galleggiamento (che d’ora in poi per comodità chiameremo PFD), tramite un connettore dotato di chiusura a ghiera o “twist lock”. Per il vincolo della corda è bene utilizzare il nodo delle guide con frizione.
Non utilizzare moschettoni a leva senza sicura. Nel soccorso in acqua mossa la corda non è sempre in tensione, rendendo lo sgancio accidentale assai probabile.
Normalmente, prima di dare il via all’operazione, bisogna attuare il controllo incrociato delle chiusure del PFD. È un procedimento che dovrebbe entrare nella routine, ma purtroppo spesso disatteso per la fretta.
Consiglio.
Le sollecitazioni sull’imbraco in questa tipologia di intervento sono intense ed è molto importante ricorrere ad un corretto utilizzo del dissipatore, come evidenziato nell’articolo “Appunti di soccorso: il dissipatore”.
Successivamente il nuotatore si dispone in una posizione stimata essere la più vicina possibile al pericolante, compatibilmente con la morfologia del luogo, pronto ad intercettarlo entrando in acqua ed eventualmente raggiungendolo a nuoto.
Ingresso in acqua.
Qualcuno fa confusione tra soccorrere ed esibirsi. Mi è capitato di vedere, piuttosto spesso, pericolose evoluzioni aeree compiute da impavidi tuffatori.
Personalmente ritengo il tuffo un momento molto critico e degno di una doverosa attenta valutazione sull’opportunità e modalità di eseguirlo.
La profondità del fondale, in un corso d´acqua, non è facilmente quantificabile. Anche in acque limpide si fa fatica a capirla.
Se dopo aver ponderato accuratamente si decide vi siano le condizioni per eseguire un tuffo, allora è bene ricorrere a due tipologie:
- A Bagnino.
- A Rimbalzo.
Bagnino.
L´entrata in acqua è frutto di un balzo deciso in avanti con il busto eretto e le braccia inizialmente aperte, quasi a voler abbracciare un caro amico. Successivamente una sforbiciata con le gambe e la chiusura delle braccia sulla superficie dell’acqua limitano l’affondamento.
È un tuffo piuttosto veloce da imparare, anche se espone gli arti inferiori ad eventuali traumi, poiché, comunque, vi è una discreta immersione.
Rimbalzo.
Avete mai lanciato sassi piatti in acqua per la soddisfazione di vederli rimbalzare più volte?
Il tuffo a rimbalzo funziona alla stessa maniera, solo che al posto del sasso c´è il nuotatore (e difficilmente riuscirà a fare più di un rimbalzo!).
Si parte con uno slancio deciso in avanti, il corpo quasi parallelo alla superficie dell’acqua e le mani innanzi la faccia a formare uno scudo.
Appena si tocca l’acqua una pinnata a “delfino” dà un ulteriore guizzo in avanti riducendo l’immersione del corpo.
Rispetto al precedente permette di fare più strada, con un minore affondamento. Tra l’altro si è già pronti per partire. Come contropartita però è piuttosto difficile da eseguire correttamente.
Quale scegliere.
Quello che riesce meglio.
E’ inutile improvvisare tuffi che non si riescono a realizzare efficacemente. Potrebbero portare a dolorose ripercussioni. Chi invece padroneggia con disinvoltura entrambe le tecniche, sappia che il tuffo dall’alto, con la tecnica a rimbalzo, è controproducente!
L’accelerazione di gravità, pari a 9,81 m², è in grado di far raggiungere velocità considerevoli ad un corpo in caduta libera, trasformando l’ingresso in acqua in una possibile fonte di traumi.
Tanto per dare un riscontro, saltando da 2,5 mt. di altezza si arriva in acqua con una velocità di 25 km/h.
Qualunque sia il tipo di tuffo scelto, appena il nuotatore riemerge, deve cercare di capire, quanto prima, la posizione del pericolante rispetto alla sua, per poi procedere al randezvous, utilizzando il “Crowl”, stile di nuoto tipico del soccorso.
Il randezvous.
Alla stessa stregua del lancio di corda in fiume, la corrente costituisce un fattore di disturbo per calcolare il momento del tuffo. Tra l’altro velocità e direzione non sono costanti, rendendo le cose ancor più difficili.
Lo scenario è composto da tre possibili situazioni:
- Contatto immediato con il pericolante al momento del tuffo. Basterà agguantarlo facendogli passare, da dietro, le proprie braccia sotto le ascelle. Inarcare leggermente la schiena gli offre un maggiore galleggiamento in attesa del recupero da parte dell’ancora.
- Tuffo in anticipo. Il nuotatore deve aspettare il pericolante nuotando verso di lui contro corrente ed ha una velocità opposta a quella del corso d’acqua. Quella del pericolante, invece, è nulla.
La porzione di corda in acqua alla quale il nuotatore è vincolato, viene spinta verso valle dalla corrente, contrastandolo di fatto.
- Tuffo in ritardo. Il nuotatore deve rincorrere il pericolante ed entrambi si muovono nella stessa direzione. Rispetto al sistema di riferimento “acqua”, il nuotatore ha una velocità diversa da zero, mentre quella del pericolante è nulla anche in questo caso. Nel momento in cui il nuotatore si sposta parallelamente alla corrente, la corda non offre ostacolo di entità significativa, a patto non vi sia tensione. Se invece si sposta trasversalmente, allora si genera una componente di forza che ne contrasta lo spostamento.
Effetti della corda in acqua.
E’ una problematica spesso sottovalutata, ma sul profilo immerso della corda incide la corrente. Per avere un’idea degli ordini di grandezza, pensiamo ad una fune da 8 mm di diametro lunga 15 mt., che galleggia per metà diametro.
La superficie complessiva è di 60 cm.2, corrispondenti ad una piastra rettangolare di 10 cm. per 6 cm.
Interessante sarebbe sperimentare l’ordine di grandezza che un tale ostacolo è in grado di procurare sulla velocità natatoria, poiché la complessità dei parametri in gioco rende assai ardua una trattazione teorica. A livello intuitivo, risulta evidente la preferenza per corde galleggianti e di sezione adeguatamente ridotta.
La questione.
Fatto salvo il caso di un tuffo preciso sul pericolante, è meglio entrare in acqua in anticipo, aspettandolo, oppure rincorrerlo?
Analizzando i due casi, risulta evidente come entrambi siano simili, dal punto di vista del nuotatore, non fosse altro che per la spinta esercitata dalla corrente sulla corda.
Completamente diverso è lo scenario di ciò che succede nella prospettiva dell’ancora alla quale spetta il compito di non intralciare il nuotatore, in prima battuta e successivamente recuperarlo una volta completato il randezvous.
Nel primo caso il soccorritore, opponendosi alla corrente, diminuisce la velocità con la quale il fiume lo porta verso valle, decrementando di conseguenza lo spazio percorso dall’ancora. Nel secondo, invece, la sua velocità si somma con quella della corrente aumentando di conseguenza lo spazio necessario al recupero.
(Per correttezza bisogna puntualizzare che lo spazio percorso non coincide con la velocità residua, come si potrebbe desumere dallo schema, ma ne è in relazione diretta)
Un esempio
Partendo dalla situazione nella quale la distanza iniziale tra P ed N (pericolante e nuotatore) è di 5 mt, la corrente ha una velocità di 10 Km/h, mentre quella del nuotatore è di 3 km/h, la distanza percorsa da A (ancora) sarà:
a) Recupero controcorrente.
3 Km/h (0,83 mt/sec), la velocità con cui N va verso P
5 / 0,83 = 6,02 sec. il tempo impiegato da N a raggiungere P
1,94 × 6,02 = 11,70 mt. spazio percorso da A (1,94 è la velocità relativa espressa in mt/sec che rimane sottraendo alla corrente quella di N)
b) Recupero a favore di corrente.
Stessa distanza iniziale tra N e P e di conseguenza il tempo impiegato da N a raggiungere P ha il valore di 6,02 sec., Tenendo presente però che rispetto alla riva N ha una velocità di (10 + 3) Km/h (pari a 3,6 mt/sec), allora la distanza percorsa da N è:
3,6 × 6,02 = 21,73 mt. (quasi il doppio! e praticamente oltre la lunghezza massima di una normale corda da lancio usata in canoa). Per quanto riguarda A, valgono le stesse considerazioni fatte per N.
Un’altra implicazione, assolutamente non banale, è che nel recupero controcorrente le velocità si sottraggono, permettendo all’ancora di riuscire a mantenere il passo con il nuotatore, se volesse/potesse seguirlo. Nel nostro esempio è di 7 Km/h corrispondente ad una camminata veloce.
A favore di corrente, invece, si sommano e nel nostro caso raggiungono il valore di 13 Km/h, pari ad una corsa di discreta intensità. Figuriamoci cosa potrebbe succedere su un greto anche non particolarmente sconnesso.
Per effetto della relazione tra le varie componenti, aumentando la velocità della corrente o la distanza tra il pericolante ed il soccorritore, le distanze si dilatano rapidamente.
Dove posizionarsi.
Soccorritore.
In un posto più vicino possibile al pericolante, ferme restando alcune ovvie considerazioni sulla sua sicurezza, come specificato nell’articolo “cordaaa“.
Ancora.
Indubbiamente a valle del nuotatore perché vale la stessa regola del recupero con la tecnica del pendolo: finché il carico è a monte il recupero e la componente della corrente hanno lo stesso verso, per cui vi è un aiuto da parte della corrente stessa. Una volta superata la posizione dell’ancora, le cose cambiano e va a sovraccaricare la corda. (vedi “cordaaa“).
Il posizionamento e la conseguente strategia di recupero dipendono della morfologia del terreno nel quale la squadra si trova ad operare:
- Sponda percorribile. In questo caso la scelta depone a favore di una sistemazione dell’ancora che gli permetta di seguire da vicino le fasi del recupero percorrendo la riva. Si riduce così la quantità di corda in acqua mantenendo un angolo corda-corrente vantaggioso.
- Impossibile spostarsi. Allora è bene disporsi ben più giù del nuotatore, per evitare di trovarsi nella situazione di dover gestire un recupero a valle.
Suggerimento.
L´istante della partenza è assai critico perché al nuotatore è riservato il compito di decidere quando entrare in acqua e l’ancora non lo deve ostacolare. Bisognerà quindi lasciargli una quantità di corda necessaria per partire.
Tempo fa se ne formavano degli anelli che il tuffatore teneva con due dita della mano, per sancire la precarietà di una tale presa e poi li lasciava non appena avveniva il via.
Una soluzione del genere potrebbe essere pericolosa perché al momento dello slancio, basta tardare il rilascio della corda per rischiare di infilare la mano negli anelli e rimanere bloccati.
Un’idea alternativa, potrebbe essere quella di ridurre la lunghezza della quantità di corda necessaria per il tuffo tramite il nodo a “catenella”. In questa maniera il nuotatore può concentrarsi solo nel calibrare l’ingresso in acqua.
Il filmato seguente permette di valutare quanto critica è l’azione del leader e soprattutto fornisce un’idea dello spazio percorso dal nuotatore in corrente.
Alcune considerazioni in merito alle criticità dettate dal video. In dettaglio:
- Quanta strada verso valle percorre il nuotatore in rapporto allo spostamento trasversale.
- Il passaggio dal Crowl alla posizione di sicurezza.
- Le modalità di recupero messe in atto dall’ancora, visto che attende un attimo prima di concluderlo per evitare un sasso.
Una scelta ponderata.
Perché attaccare all’imbraco il primo capo della corda e non il sacco?
Dalle prove svolte ho notato come la corda, se non gestita correttamente, costituisce fonte di ostacolo, per cui preferisco utilizzarne solo la porzione che serve. Il sacco, con il resto della corda, può essere tenuto in diversi modi. Si va semplicemente dal reggerlo in mano, a sfruttare gli anelli spezzati del PFD, quando presenti, per agganciarlo in maniera precaria. E’ un argomento sul quale la sperimentazione è aperta.
Riassumendo.
L´uomo imbracato è una manovra piuttosto efficace, approntata da una squadra di almeno due persone, ma impegnativa e con un indice di pericolosità alto.
Mauro.