Steeze: prendi due, paghi uno
Finalmente, dopo i “rumors” che hanno preceduto l’uscita della Steeze, eccola sul mercato. A mio parere è una delle novità più succulente di quest’anno, peraltro un pò misero dal punto di vista dei nuovi modelli.
In realtà la configurazione della Steeze non è un progetto originale in assoluto. I ricordi vanno a qualche kayak da gioco dotato di “protesi “, soluzione adottata per modificarne la volumetria, che però non ottenne gran successo.
Il vero antesignano fu un canoista, se non vado errando vicentino, il quale mutò la forma della coda a “cucchiaio” della Super Sport usando un pezzo di polistirolo, lavorato a mano e fissato modello Indiani Innuit.
Una tale soluzione permetteva di usare la stessa barca per discese fluviali anche impegnative senza il patema d’animo di strani scherzi ad opera di una coda “cucchiaiata”. Per la cronaca, la canoa ebbe vita breve e probabilmente giace dentro un sifone del Verdon, fortunatamente senza proprietario.
La Waka Steeze è, almeno nelle intenzioni del produttore, il connubio tra un kayak da “creek” ed uno “all-round”. Quattro viti, comodamente posizionate, permettono di passare da una conformazione all’altra, ottenendo, di fatto, due barche distinte nel comportamento in acqua.
Guardandola da vicino si nota una simiglianza con il modello OG della stessa casa, apprezzata canoa da alto corso. Nella coda l’intervento più consistente da parte dei creatori con un’opera di integrazione molto buona di questa protesi con il profilo generale.
Scheda tecnica
Steeze | OG | |
Lunghezza | 273 cm. | 263 cm. |
Larghezza | 68 cm. | 69 cm. |
Peso | 21,5/24 kg, | 22,5 kg. |
Range peso canoista | 60 – 110 kg. | 65 (?) – 110 kg. |
Volume | 300 – 360 lt. | 360 lt. |
Analisi dalla scheda tecnica
Dal confronto dei dati risulta come la Steeze sia più lunga di 10 cm., ma più stretta di 1, rispetto alla “vecchia” sorella, suggerendo un’idea di maggior snellezza.
60 lt. dividono le due anime della Steeze, passando da 360 lt. per la versione wild water, a 300 per la slim. I più attenti avranno anche notato come i volumi della Steeze con protesi ed OG siano gli stessi
Interessante anche confrontarla, nella versione slim, con le altre potenziali concorrenti. L’esame dei valori la avvicina, per esempio, alla Dagger Axiom 9,0 concepita per pesi massimi.
Come è fatta
Identico alle altre versioni di casa Waka il materiale, stampato in Italia da una nota azienda a sua volta produttrice di kayak. La forma evidenzia una notevole arcuatura in punta e coda. Niente di nuovo per quanto riguarda l’allestimento generale che definirei funzionale senza fronzoli.
Le maniglie nere sono fatte con una barretta di plastica piegata ad arco nella quale è ricavato un alloggiamento per le 2 viti di fissaggio dotate “frena filetti”. Al centro, in rilievo, il marchio “Waka”. Sono incassate e si integrano ottimamente al profilo dello scafo. Lo spazio a disposizione per attaccare eventuali moschettoni è ampio, anche se la forma rettangolare del profilo può rendere scomoda la presa. La sede delle viti si avvale di un dado in ottone a pomello, affogato nella plastica della struttura.
Gli interni, soliti. Il punta piedi antisfondamento è regolabile in larghezza per evitare eccessivi laschi e conseguenti movimenti laterali. Due barre di adeguato spessore lo fissano allo scafo in due punti per parte. Attraversa il longherone centrale anti schiacciamento di “foam” che ha una feritoia per permettergli di scorrere, la quale limita l’escursione in accorciamento. Si rimedia con un semplice intervento “chirurgico” asportandone quanto basta.
I cosciali sono un continuo dello scafo. Ampiamente imbottiti abbassano considerevolmente l’appoggio della gamba, la qual cosa se da un lato favorisce chi le ha magre, dall’altro penalizza le persone alte e un pò corpulente. Le “alette” laterali molto pronunciate possono essere ridotte per favorire l’abbandono dell’imbarcazione. Il produttore stesso fornisce indicazioni sulle modalità di diminuzione.
Due quadrati in velcro piuttosto grandi attaccati ai lati del seggiolino agevolano il fissaggio degli spessori forniti. Un tappetino nel quale campeggia il logo aziendale ammortizza eventuali colpi sul fondo ed è fermato da clip plastiche zigrinate. Il poggiaschiena, anch’esso in comune con le altre versioni del brand, si avvale di cricchetti per regolare la tensione e posizione. I cricchetti sono alloggiati in appositi incavi che li proteggono da interferenze con le gambe. Nel pozzetto vi è una feritoia per far passare la parte finale in plastica zigrinata della cinghia. Un ottima dimostrazione di ergonomia e semplicità.
Lo scafo. Punta alta, od elevato bow rocher, così come la coda. Il fondo, identico alla “progenitrice” OG, tendenzialmente piatto, ha due rails lunghi più o meno quanto il kayak che incorniciano il marchio del brand in leggero rilievo.
Fianco pronunciato, ma non verticale e secco con una linea di cintura alta. Raccordo tra il fondo e la coperta progressivo.
La protesi.
E’ la vera novità, destinata a far discutere. Costruita in maniera ineccepibile come accoppiamenti con la coperta, ha degli scansi inferiori per le maniglie che sono solidali allo scafo in versione light e sono ben 8 in totale. Si fissa alla parte posteriore del kayak tramite quattro pratiche viti. I fori di alloggiamento sono molto larghi, tant’è che si è dovuto ricorrere a delle rondelle maggiorate
60 i litri teorici, anche se in realtà sono meno, ma il calcolo dell’incremento volumetrico è generato dal profilo complessivo della coda in configurazione simil-OG ed 1,8 chili, il peso.
E’ corredata di un doppio sistema di tappi: uno a vite metallica esterno in coda e l’altro plastico grande nella parte inferiore.
Come va
Il raffronto va fatto pagaiando dapprima con la versione grossa per poi passare, magari velocemente e sullo stesso percorso, a quella light.
Proprio quest’ultima, nel momento delle prova, ha lasciato tutti a bocca aperta. L’esuberante volume della parte anteriore faceva presagire anomale risposte dello scafo. Invece niente. Stupisce la destrezza con la quale si muove. Alle prime pagaiate reagisce con una accelerazione che lascia sgomenti, ottima arma, per esempio, nelle risalite, o nell’affrontare ritorni.
Stabilità incredibile: buona, com’era prevedibile, la primaria. Ottima la secondaria, con una transizione morbida e senza reazioni violente. Quasi nulla la spigolosità nella condotta del fianco. Un comportamento del genere facilita i cambi direzione nel surf, manovra fruibile meglio di alcune imbarcazioni specifiche.
Nonostante la coperta anteriore sia leggermente più piatta della OG, la sovrabbondanza di volume e l’elevata curvatura della punta la fanno schizzare fuori da tutto e com’era prevedibile, nelle onde salta perchè galleggia.
Ma la coda….
Spettacolari le prestazioni fornite; rotazioni veloci e controllate che in connubio con la stabilità al top della categoria permettono funambolismi anche a chi non eccelle tecnicamente.
Basta impostare sul computer di bordo le varie modalità: play, river running, slalom, persino wild water… Ah, cavolo, non ha il computer di bordo. Strano, perchè a giudicare da come si adatta alle varie situazioni si potrebbe ipotizzare la presenza di un qualsivoglia invadente orpello elettronico di supporto.
Scherzi a parte, con un pò di “manico” si trasforma quasi in una slalom ed è prefetta per inventarsi traiettorie altrimenti improponibili. Non ci credevo, ma riesce anche a “pernare” di coda che rimane comunque sempre un partner discreto e mai invadente.
Qualcuno obbietterà che tanta destrezza si paga con una mancanza di direzionalità. Ed invece ancora una volta la Steeze soverchia il comune modo di pensare, perchè proprio grazie alla destrezza si riesce a mandarla dove si voleva.
E’ stato interessante vedere le reazioni dei canoisti durante la prova, ma ancor più interessante constatare che i meno tecnicamente dotati riescono comunque a condurla con facilità. Ciò conferma quanto vado pensando: una barca facile agevola l’apprendimento delle tecnica più di una “scorbutica” ed è per questo che la Steeze si rivolge all’intera platea canoistica.
Suggerimento.
Consigli? Pochi e marginali. Le sottili larghe rondelle che fissano la protesi alla coperta di coda non so quanto siano in grado di reggere allo sforzo del recupero di un kayak pieno d’acqua. Se fosse mia le sostituirei con un accoppiamento metallico di adeguate dimensioni.
E sempre per agevolare un possibile recupero del kayak in situazione complessa, sostituirei il materiale plastico della maniglie con qualcosa di metallico.
Sarà banale, ma una scatoletta da fissare all’interno del kayak facilita la conservazione delle viti e relativo attrezzo per la rimozione della protesi, altrimenti facili da perdere.
Modificherei la seduta, non eclettica dal punto di vista del confort, togliendo il tappetino in dotazione ed utilizzando del materiale morbido per evitare dolorose pressioni sul coccige.
Per i più esigenti, me compreso, aggiungerei uno spessore interno ai cosciali per sostenere la parte esterna della gamba. I più corpulenti probabilmente trarranno beneficio da una leggera riduzione dei cosciali, e l’eliminazione dell’abbondante spessore che abbassa le gambe.
Tiriamo le somme
Essenziale, senza fronzoli il più delle volte inutili, con una inattesa cura dei dettagli funzionali, ha un prezzo che, tutto sommato, la rende concorrenziale con le altre marche ed addirittura molto più economica delle Dagger.
Quando uscirono le prime foto e descrizioni ero molto scettico. Dopo averla provata, grazie alle prestazioni top in tutte e due le configurazioni la ritengo un acquisto indovinato, tant’è che la sostituirei subito con la mia attuale.
Come è consuetudine, ho voluto raccogliere le impressioni di tutti coloro che l’hanno provata, diventati per l’occasione collaudatori. Per scelta personale, preferisco citare i giudizi dei canoisti “normali”, più che quelle dei “Pro” ed eccone una rassegna.
Eros dice:
Prova Steeze modello della Waka con protesi posteriore rimovibile. La Steeze kayak da creek con l’impronta genetica della 2.0 e della OG. La barca risulta maneggevole stabile, precisa e grande controllo nelle entrate in morta e uscite in corrente. La maneggevolezza rende facile surfare. I fianchi morbidi e con ottima stabilità laterale rende agevole le manovre nel buco. La forma della prua rende gli attraversamenti dei buchi molto agevole e la punta è sempre fuori dall’acqua. Ho notato un pò di inerzia nell’entrate veloci in morta che ho compensato con il contro fianco. Tolta la protesi il kayak cambia carattere diventa più agile e divertente da pagaiare, ma comporta una conduzione più attenta e tecnica. La soluzione protesi su questo kayak è azzeccata evita di avere 2 barche. La seduta è comoda e l’ipostazione non comporta problemi. Il puntapiedi è migliorabile .
Mark dice:
Considerando che ho la Og e che la trovo una super barca , non prendo nemmeno in considerazione la versione con protesi che è una simil-OG.
La barca provata senza zaino … ha 2 modalità:
Modalità canoista in discesa : la canoa ha una stabilità sia primaria che secondaria notevole . Ho appositamente provato manovre facendo appositamente qualche errore di assetto ma la barca non fa scherzi imprevisti.
Molto agile la coda e la punta rokerate creano poca superfice bagnata e la carena è libera di girare senza il minimo impedimento.
Sono alto 176 peso 70 kg.
L’impostazione è stata subito trovata.
In parole povere una barca con la quale farei tranquillamente fiumi impegnativi grazie alla precisione e stabilità e alla coda che contrariamente a quello che potrebbe sembrare non crea assolutamente problemi di instabilità.
Modalità play : se volutamente si vuole giocare è tranquillamente in grado di fare perni di coda fino al ribaltamento senza necessitare di correnti forti.
Stabilissima e divertente nel buco dove il fianco sostiene perfettamente.
Una splendida river runner un grado di booffare come una waka …
Morale : pur facendo divertire come una river runner , ha una stabilità e precisione che a mio avviso danno a questa barca una marcia in più su fiumi di grado superiore.
Gaetano, lapidariamente ha commentato:
Canoa pazzesca! E la coda… una sorpresa.
Un ringraziamento per la fornitura dell’attrezzatura in test a:
Ed a tutti i collaboratori estemporanei.
Compresa la “Puffa”, simpatica minuta canoista donna, grande appassionata, per aver provato a pagaiare su una barca per lei nettamente fuori misura!
Mauro.