Completata la gamma Machno
Dopo il lancio della Machno M, dalla Pyranha ci si aspettava, a stretto giro, l’immissione nel mercato delle versioni S ed L. Così non è stato e ci sono voluti diversi mesi di “gestazione” perchè ciò avvenisse. Che sia stata strategia commerciale o tempi tecnici per la progettazione, non è dato sapersi. Fatto sta che la gamma Machno adesso può dirsi completa e pronta ad ospitare tutte i possibili pagaiatori a prescindere dalle misure antropometriche.
A prima vista gli scafi sembrano identici nelle dimensioni relative, così come identici gli allestimenti per i quali valgono le considerazioni fatte a suo tempo nell’articolo di presentazione della Machno M, essendo inalterate la ergonomia e la costruzione. Per chi fosse interessato può consultare l’indirizzo: http://maurotagliabue.altervista.org/pyranha-machno/
Caratteristiche tecniche
Il confronto dei dati tecnici mette in evidenza un incremento di volume di 30 lt. circa tra la S e la M, mentre tra la M e la L l’aumento è doppio: 60 lt. circa. La lunghezza cambia di 8/9 cm.; la larghezza di solo mezzo cm.
Nel “Range Peso Paddler” indicato dal costruttore, con i miei 75 kg. circa, rientro in tutte e tre le categorie. Quindi ancor più amletico il quesito: “Qual’è la migliore scelta?”, ma soprattutto : “Cosa cambia al variare del volume?”.
Per dare una risposta, il più possibile oggettiva, mi sono fatto prestare tutte e tre le canoe, le ho portate a Valstagna ed ho percorso il tratto del campo slalom più volte, ma con una canoa diversa. Questo sistema permette di eliminare molte variabili tra cui cambiamento di livello d’acqua e la percezione soggettiva che possono influire anche pesantemente sul giudizio relativo. Non contento, ho coinvolto nella prova comparativa, due slalomisti agonisti di grandi capacità tecniche (dopo aver vinto una certa difficoltà pregiudiziale iniziale): Michele Tagliabue e Lisa Signori.
Machno L
Enorme, il commento di tutti, a maggior ragione dopo esserci montati dentro. La coperta alta, il pozzetto grande, danno subito la percezione dell’importante volume. Non tradisce le aspettative perchè si capisce sin da subito che è destinata a persone corpulente: è tutto più grande, dalla seduta alla lunghezza del puntapiedi.
Comportamento in acqua.
Nonostante la grandezza, il movimento della pagaiata non è disturbato più di tanto, merito della affusolata parte anteriore.
Apprezzabile l’incremento di velocità derivante dalla maggior lunghezza e volume. Imbarazzante la stabilità primaria e secondaria. Metterla in crisi non è facile. La linea di cintura particolarmente alta, data dal galleggiamento, ammorbidisce fino quasi ad annullare la spigolosità del fianco. Sembra di essere su un fondo tondo, tant’è la continuità fondo-fianco e nel surf i cambi di traiettoria sono più agevoli che con il modello S. Capiamoci: siamo pur sempre in presenza di un fondo prevalentemente piatto ed il passaggio tra i due livelli di stabilità si percepisce, anche se poco. Familiarizzando con questa caratteristica la gestione degli assetti (“pance”) potrà trarre indubbio giovamento visto che molto spesso ho notato come l’utilizzo sia a volte approssimativo.
Passando sui ribollimenti di corrente, la traiettoria e la stabilità non ne risentono, quasi non esistessero.
La precisione, complice probabilmente la maggior velocità, è buona, ma ciò che colpisce di più è la velocità e facilità con la quale si riesce a far cambiare traiettoria alla canoa in ogni circostanza. Basta tenerla piatta (assetto neutro) e gira, permettendo di eseguire repentini cambi di traiettoria. Negli ingressi in morta è sufficiente un pò di velocità per sfruttare la tendenza dello scafo a planare, grazie alla geometria e distribuzione dei volumi all’anteriore.
Bloccare lo “scarroccio”, usando la “contro pancia”, diventa ancor più semplice anche se meno efficace perchè il fianco è più rotondo della M. Il controllo dell’assetto (“pance”) è buono, anche se i cosciali non sono a livello delle più agguerrite competitor e richiedono un pò di manualità per arrivare ad una personalizzazione soddisfacente. La coda svolge egregiamente il suo “sporco lavoro” di partner dell’anteriore a dimostrazione di un complessivo bilanciamento dello scafo. Fatta per gente grande su grandi difficoltà.
Machno M
In questi mesi ho avuto modo di testarla a fondo su percorsi diversi, dal tecnico stretto al volume e devo dire che confermo quanto scritto nella recensione di prova, alla quale rimando per le valutazioni. L’ho usata pertanto come termine di paragone per esprimere i giudizi relativi implementandoli con le indicazioni dei giovani slalomisti.
Mi limiterò ad inserire una galleria fotografica che fissa i momenti salienti.
Sguardo inquietante prima della partenza
Partenza
Ingresso campo slalom
Ribollimenti della corrente? No problem
Un pò di rodeo…
Traghetto sulla cresta.
Machno S
Un giocattolo. Montare sulla S dopo aver pagaiato sulla L è stato sorprendente. Di primo acchito la sensazione è stata simile a quella di indossare un vestito su misura. Peccato per i cosciali che rimangono ancora un punto sul quale intervenire, nonostante un blando tentativo di renderli più avvolgenti. Vabbè, anche qui un pò di foam e colla darà la soddisfazione di poter creare una impostazione personalizzata. Le prime pagaiate lasciano trasparire un livello di reattività sorprendente a scapito di una prevedibile minore velocità. Nelle risalite, la minor velocità può essere efficacemente compensata dall’utilizzo del fianco (come dovrebbe essere!). Stesso comportamento delle sorelle maggiori per quanto riguarda l’ingresso in morta.
Entrata in morta.
La geometria della parte anteriore dello scafo rimane tendenzialmente planante, nonostante il minor volume e ciò facilita la manovra e la successiva finalizzazione dell’entrata in morta ed uscita in corrente.
Ingresso campo slalom.
Insomma, quando si entra in morta si può decidere se chiudere la rotazione, aprirla, allargarla, etc, il tutto grazie alla sopra citata reattività. Il fianco è leggermente più spigoloso, caratteristica anche questa prevedibile a causa del minor volume, ma mai scorbutico e nettamente migliore delle precedenti versioni della casa madre. Anzi, proprio sfruttando lo spigolo ed il minor volume della parte posteriore si riesce ancor meglio a “piantare la coda” (sempre relativamente alla tipologia della imbarcazione) e bloccare lo scarroccio, conferendo precisione alla manovra. Gira, molto, se piatta, ma mai fuori controllo. Nei ritorni rimane sufficientemente stabile a patto di mantenere il busto centrale (ma va…) e ciò permette di lavorare con la pagaia per spostarsi. Portando il busto in avanti aumenta la velocità con la quale lo scafo si porta ai bordi del ritorno (sempre che non sia chiuso!) facilitandone l’abbandono. Nei ribollimenti della corrente il minor volume comporta una maggior sensibilità. Se affrontati in velocità, non disturbano più di tanto,
Traghetto ingresso campo slalom
Lo spigolo del fianco può servire a rendere efficace e controllabile la manovra “della sponda” (per chi fosse interessato a capirne di più può consultare l’articolo: la “pancia” e la “sponda” all’indirizzo http://maurotagliabue.altervista.org/la-sponda/). Nel surf, è bene non esagerare con il fianco altrimenti il cambio di direzione diventa faticoso.
Caratteristica comune a tutte e tre le versioni è l’eskimo no problem, anche in situazioni non del tutto favorevoli
Anche qui, come nelle altre versioni, la parte posteriore è un silente partner dell’anteriore evitando eccessive planate e bilanciando il galleggiamento al fine di avere uno scafo posizionato inizialmente parallelo all’acqua.
Non contento, approfittando di una bella giornata, con il supporto dagli ottimi sparring partners Sergio ed il giovane emergente Marco (Marchetto, per gli amici), io (con la S) e Gaetano (con la L), ne abbiamo approfittato per una discesa test su un Noce dal livello decente.
Ebbene, tutte le impressioni percepite a Valstagna sono state confermate, fermo restando che il dna di queste imbarcazioni è l’acqua bianca. Quando le rapide “spingono” la risposta del kayak migliora e diventa più dinamica. I ritorni (buchi) non creano problemi: con un pò di velocità l’anteriore, grazie alla punta assottigliata e la zona centrale voluminosa, plana, mantenendo la spinta iniziale. I patiti del “boof” potrebbero storcere il naso tant’è la facilità con la quale lo scafo reagisce ad un incremento di velocità, aprendo scenari ad evoluzioni circensi.
Concludendo.
Il progetto “Machno”, nelle tre versioni S, M, L, dimostra tutta la validità frutto di una evoluzione positiva delle precedenti versioni, dalle quali si diversifica per comportamento. La variazione nella taglia mantiene inalterate le caratteristiche principali, al contrario di alcuni marchi nei quali lo stesso modello, ma con volumi differenti, si comportava in maniera totalmente diversa. Cosa consiglierei? Prima di tutto di provarla, magari nelle diverse taglie. A chi? A tutti coloro che desiderano avere un kayak con il quale interagire senza farsi trasportare modello tronco. Per i patiti delle “canoe tecniche” preciso che la Machno è destinata a percorsi impegnativi d’acqua bianca; se la acquistate, non pensate che scegliendo una taglia in meno diventi all round. E’ pur sempre una creek (o meglio, come la definisce Pyranha, River Running). Da un recente esperimento condotto, ho potuto appurare come un’imbarcazione leggermente più voluminosa ha permesso di scendere le rapide con una maggior tranquillità. Ciò, di riflesso, ha consentito un lavoro più efficace sul miglioramento della tecnica. Da ultimo va detto che la caratteristica del fianco, leggermente spigoloso, tipica nei modelli Pyranha, può essere utilizzata per migliorare l’utilizzo di questa fondamentale parte dell’imbarcazione.
Si ringraziano Lisa Signori e Michele Tagliabue per il supporto offerto ed
per i materiali forniti.
Mauro.