Il cowtail
Il cowtail, letteralmente tradotto “coda di vacca”, è quella appendice che ciondola dal “salvagente” di alcuni canoisti con la propensione a vagare per fiumi e del quale sarebbe auspicabile avessero acquisito capacità e conoscenza adeguata per un suo corretto utilizzo (dettame principale per tutti gli strumenti tecnici).
Va da un semplice spezzone di corda, ad una porzione di fettuccia più o meno elaborata.
Serve a recuperare un kayak abbandonato al suo destino dal legittimo possessore, che ha tentato, con fortuna avversa, di percorrere una rapida più o meno tumultuosa.
Fatto salvo che la regola principale, tutt’altro che scontata, prevede innanzitutto di adoperarsi per garantire la sicurezza del proprietario, e solo successivamente occuparsi del destino dell’imbarcazione (e vi posso garantire che ne ho viste di ogni), vediamo il giusto impiego di questo strumento.
Dove si fissa. Il primo “assioma” (http://www.treccani.it/enciclopedia/assioma/) del salvamento fluviale in acqua mossa prevede che NON ci si debba vincolare saldamente ad una corda, per cui si utilizza un capo attaccandolo posteriormente all’imbragatura del “salvagente” tramite un moschettone con chiusura a “ghiera o “twist lock”.
L’altro terminale, andrà vincolato ad un “anello di servizio” del “salvagente”, generalmente di materiale plastico, in zona anteriore laterale, mediante un altro moschettone ma questa volta a “leva”. A chi come me è mancino, suggerisco di trovare una sistemazione a sinistra, per una migliore manualità. Consiglio caldamente di provare prima se l’apertura della fibbia presente nell’imbragatura permette alla cintura e quindi al cowtail, di sfilarsi agevolmente, manovra che consente, in situazione di emergenza, di evitare sgradevoli e pericolose sorprese.
Successivamente in caso di bisogno, si sgancia il moschettone a “leva” dalla posizione di riposo per attaccarlo ad una maniglia del kayak alla deriva. A questo punto si può riprendere il controllo della situazione cercando di fermarsi prima possibile per liberarsi dell’oneroso fardello a traino.
Ho analizzato tre modelli di marche affermate presenti sul mercato:
- Hiko “cowtail”, prezzo indicativo 15,00 €
- Palm “cowtail two”, 13,95 €
- Kong “cowtail”, il più costoso, per il quale bisogna sborsare ben 22,00 €.
Tutti e tre gli esemplari esaminati, sono fatti con una fettuccia tubolare cucita al cui interno è fissato un elastico che ha il compito di creare delle “grinze” per accorciarne la lunghezza a riposo. Nel momento in cui si procede al rimorchio di un kayak, la trazione esercitata fa estendere la fettuccia fino a raggiungere tutta la sua lunghezza.
Da una sommaria analisi visiva, si nota come Hiko si differenzia dagli altri due per la presenza ad uno dei capi di un anello saldato in materiale ferroso, che svolge la funzione di fissaggio all’imbracatura.
Interessante il confronto tra le misure a riposo e completamente estesi:
- Hiko 68 – 148 cm.
- Palm 52 – 80 cm.
- Kong 65 -115 cm.
Elaborando i dati, risulta che il meno estensibile è il Palm con una percentuale di allungamento del 53 %, mentre quello della Kong si estende fino ad un +76 %. Ma è Hiko a surclassare tutti, in questa prova, con un valore che raggiunge il 117 %, pari a più del doppio.
La qualità delle fettucce impiegate ci da un ulteriore parametro di valutazione, poiché se la Hiko è anonima, Palm si limita ad esporre il valore del carico di rottura, mentre quella della Kong è omologata EN 354 ed EN 566. La omologazione EN 354 è relativa a quanto previsto dalla vigente legislazione in materia di sicurezza e relativa a “collegamenti con l’operatore – cordini fissi”, mentre la EN 566 (edizione dicembre 2006) specifica i requisiti di sicurezza e i metodi di prova per gli anelli destinati ad essere utilizzati per alpinismo e scalate. I carichi di rottura dichiarati sono di 10 kN. per Palm e 22 kN. per Kong. (attenzione però che solo Kong certifica le caratteristiche tecniche!)
Quali i possibili impieghi? Innanzitutto quello principale per il quale sono stati creati; il traino di una imbarcazione alla deriva.
All’apice della catena delle priorità nel soccorso vi è l’incolumità del soccorritore. Anche se si tratta di un seppur costoso kayak non vale la pena mettere a repentaglio l’incolumità personale per tentare azzardati recuperi; potrebbe essere conveniente attendere che la rapida si semplifichi. La valutazione dei parametri che condizionano l’azione riveste un ruolo fondamentale, per cui è opportuno chiedersi: “ce la faccio in sicurezza a recuperare il kayak?”. Se la risposta è affermativa, allora si può agganciare una delle maniglie di cui è dotato lo scafo del malcapitato tramite il moschettone del cowtail, per procedere al traino, avendo cura preventivamente di verificare quale parte galleggia di più. Tenendo presente che solitamente in un kayak rovesciato la porzione anteriore tende ad affondare, poiché in quella posteriore dovrebbero essere alloggiati i “sacchi di galleggiamento”, direi che è cosa saggia agganciarlo usando la maniglia posta in coda, ed evitare di usare quelle collocate lateralmente nella parte posteriore. La prudenza non è mai troppa, per cui è meglio non dar niente per scontato.
Se si scendono corsi d’acqua dei quali non si conosce il percorso, è assolutamente indispensabile cercare di guardare avanti per capirne il dipanarsi, e decidere se l’operazione di recupero è fattibile, oltre ad individuare un comodo punto di approdo.
La scelta della lunghezza del cowtail, in teoria, dovrebbe tener conto della distanza tra la parte finale della pozzetto e la coda della propria imbarcazione, per evitare che quella a traino possa interferire con la nostra.
Da ciò risulta che Hiko surclassa tutti con i suoi 148 cm., seguito da Kong, 115 cm., per finire con gli 80 striminziti cm. di Palm, che paga una minore percentuale di allungamento rispetto ai concorrenti.
Fin qui l’utilizzo convenzionale, ma oltre a questo, il cowtail può essere usato come prolunga al cui capo attaccare una corda, ad esempio, nella manovra dell ” uomo vincolato”, permettendo al soccorritore vincolato di recuperare la corda che lo trattiene senza eccessivi contorsionismi. Va ricordato che per questo utilizzo specifico il connettore (moschettone) a “leva” deve essere sostituito con uno a “ghiera” o “twist lock”.
Per finire, un’altra potenziale applicazione potrebbe essere, ad esempio, come fettuccia da utilizzare per la realizzazione di un ancoraggio. Qui il discorso si fa più delicato, poiché in questo caso il carico di rottura diventa un parametro assai importante e Kong svetta su tutti con i suoi 22 kN., oltre al fatto che essendo corredato di omologazione, può essere utilizzato in ambiti professionali.
Conclusioni:
– Hiko è quello che si estende maggiormente, ma non è dato sapere null’altro sulla qualità del materiale. Anche dell’anello metallico a corredo non mi fiderei, preferendo sostituirvi un moschettone a “ghiera” o “twist lock”
– Palm è il più carino, con la sua fettuccia piccola e poco ingombrante (50 cm.). Peccato si estenda poco e, soprattutto, la mancanza di omologazione lo renda non adatto all’utilizzo nel ramo professionale/istituzionale.
– Kong, il più “massiccio”, ma oggettivamente il più completo, perché al di là della misura è dotato di omologazione; il superiore costo d’acquisto è giustificato dalla differenza qualitativa.
A voi la scelta!
Mauro